Sullo svezzamento tradizionale, fatto con schemi, ricettine e tabelle, ho sempre avuto qualche dubbio.
Sul fatto che non volevo dare omogeneizzati, liofilizzati e farine precotte a mia figlia, invece, non ho mai avuto dubbi, anche perchè non ci sono garanzie rispetto agli ogm, e comunque vanno ad alimentare tutta una serie di affari di farmaceutiche e multinazionali, affari ai quali voglio contribuire meno possibile.
Sul fatto che doveva esserci coerenza tra l'allattamento a richiesta e lo svezzamento, sono sempre stata convinta.
Sul fatto che non volevo dare omogeneizzati, liofilizzati e farine precotte a mia figlia, invece, non ho mai avuto dubbi, anche perchè non ci sono garanzie rispetto agli ogm, e comunque vanno ad alimentare tutta una serie di affari di farmaceutiche e multinazionali, affari ai quali voglio contribuire meno possibile.
Sul fatto che doveva esserci coerenza tra l'allattamento a richiesta e lo svezzamento, sono sempre stata convinta.
Tutti i miei pensieri hanno trovato conferma in un libro, "Io mi svezzo da solo", del pediatra Lucio Piermarini. Il libro parte dal presupposto, valido anche in allattamento, che il bambino è competente.
Sa lui quando e quanto mangiare. Lo sa quando succhia il latte dalla mamma e lo sa anche quando si passa ai cibi solidi, quindi non c'è nessun motivo per costringerlo a mangiare la dose prescritta dalla ricettina.
Stessa cosa per la scelta di cosa mangiare: il bambino ha una competenza innata (che poi viene purtroppo persa per strada...) e sceglie di mangiare quello di cui ha bisogno. Nel libro vengono citati anche degli esperimenti fatti in tal senso negli anni Venti.
Poi nel tempo si è fatta avanti la teoria che il bambino (e con esso Madre Natura) non sapesse cosa è meglio per lui. E qualcun altro ha deciso: e via con ricette e tabelle di introduzione degli alimenti, omogeneizzati, liofilizzati e micropastine.
Che poi, a pensarci bene, tutto questo è andato a braccetto con l'introduzione sempre più precoce di cibi solidi, a discapito dell'allattamento.
Invece lo svezzamento proposto da Piermarini propone una cosa più naturale e spontanea: il bambino assaggia quello che vuole, sta a tavola con i genitori, continua anche a bere il latte di mamma. Unica regola: il bambino deve avere circa 6 mesi e l'alimentazione della famiglia deve essere sana e naturale (e per chi non ce l'ha, potrebbe essere un ottimo stimolo per cambiare abitudini alimentari!).
Sa lui quando e quanto mangiare. Lo sa quando succhia il latte dalla mamma e lo sa anche quando si passa ai cibi solidi, quindi non c'è nessun motivo per costringerlo a mangiare la dose prescritta dalla ricettina.
Stessa cosa per la scelta di cosa mangiare: il bambino ha una competenza innata (che poi viene purtroppo persa per strada...) e sceglie di mangiare quello di cui ha bisogno. Nel libro vengono citati anche degli esperimenti fatti in tal senso negli anni Venti.
Poi nel tempo si è fatta avanti la teoria che il bambino (e con esso Madre Natura) non sapesse cosa è meglio per lui. E qualcun altro ha deciso: e via con ricette e tabelle di introduzione degli alimenti, omogeneizzati, liofilizzati e micropastine.
Che poi, a pensarci bene, tutto questo è andato a braccetto con l'introduzione sempre più precoce di cibi solidi, a discapito dell'allattamento.
Invece lo svezzamento proposto da Piermarini propone una cosa più naturale e spontanea: il bambino assaggia quello che vuole, sta a tavola con i genitori, continua anche a bere il latte di mamma. Unica regola: il bambino deve avere circa 6 mesi e l'alimentazione della famiglia deve essere sana e naturale (e per chi non ce l'ha, potrebbe essere un ottimo stimolo per cambiare abitudini alimentari!).
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