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domenica 29 maggio 2011

Bebè del mondo

Quando ero in attesa di Angela, ho iniziato a interessarmi alle usanze delle altre culture sul tema del mettere al mondo e crescere i figli. In effetti, i problemi che i genitori di tutto il mondo devono affrontare sono gli stessi: come nutrirlo, pulirlo, come fare con i suoi bisognini, come gestire i pianti, come svezzarlo, come trasportarlo e così via.

Sono convinta che gli altri popoli, quelli che erroneamente consideriamo “primitivi”, hanno in realtà molto da insegnarci e soprattutto possono rimettere in dubbio il modo “occidentale” di accudire i figli, rimandandoci all’essenziale e a ciò che la natura ha previsto fin dalla notte dei tempi. 

 

Uno dei libri più belli che ho consultato è stato “Bebè del mondo” di Béatrice Fontanel e Claire d’Harcourt (edizioni L’Ippocampo).

Nel libro, che vale la pena comprare anche solo per le meravigliose foto, vengono via via descritti i gesti che accompagnano le prime esperienze di vita di bimbi e genitori di ogni cultura, come la nascita, l’allattamento, la nanna, il bagnetto, lo svezzamento, i pannolini e l’igiene naturale, i vestitini, il contatto corporeo attraverso il massaggio e ovviamente il portare i bambini.

Ma anche cose molto particolari, come i pannolini “concimati” utilizzati da certi popoli, fatti con sterco di yak o di cammello. Oppure il rito della fasciatura, fatto perché il bambino è “molle”, e che è spesso accompagnato da rituali benauguranti: le donne Kabyle dell’Algeria ad esempio dicono al bambino: “Ti libero da lentiggini, tare, pianti, cacche e pipì notturne”.

 

Una delle cose che mi aveva incuriosito di più erano le usanze rispetto alla “fontanella” del cranio, anche perché è un argomento che è stato discusso con i nonni per parecchi mesi, visto che quella di Angela a un anno e mezzo non era ancora completamente saldata.

Leggendo il libro ho quindi scoperto che la fontanella impressiona i genitori di tutte le latitudini, alimentando ansie di vario tipo. Molti popoli credono che da lì possa uscire l’anima del neonato e si adoperano in tutte le maniere per aiutarne la chiusura.

In Europa un tempo si spalmava con del grasso e si mettevano due cuffiette, una sopra l'altra, al neonato. In Tibet ci passano sopra uno strato di burro e fuliggine. In Nepal fanno un apposito massaggio. In Camerun sputano sulla testa del neonato (!).

 

Al di là di questi aspetti, che possono anche essere curiosi, credo che la forza di questo libro sia quella di aiutare a rimettere in discussione, attraverso il confronto con queste culture, il nostro modo di essere genitori e di prenderci cura dei nostri cuccioli. Come scrive nella premessa il medico etnologo Alain Epelboin, non solo “I figli degli « altri » ci spingono a rimettere in discussione la natura e la forma delle relazioni con i nostri figli”, ma anche “Tra la miriade di dispositivi per curare i neonati, ce ne sono alcuni che ci attirano, che risvegliano qualcosa in noi… che talvolta ci spingono addirittura ad adottarli”, come ad esempio nel caso del portare i bambini o del massaggio neonatale.

 

Libro suggestivo e assolutamente consigliato a chi vuole confrontarsi con le altre culture.

 

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